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NEURONI SPECCHIO MADE IN ITALY

Mattia Schieppati

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Si chiama Giacomo Rizzolatti, ha una fisionomia e dei capelli alla Einstein, ha origini ucraine ma è cresciuto, si è laureato, insegna e fa ricerca in Italia. Ed è colui che, poco più di vent’anni fa, ha “scoperto” e per primo dimostrato sperimentalmente l’esistenza dei neuroni specchio. Mi colpisce che il “papà” del nostro lavoro – l’aprire nuove strade alla comunicazione e a una customer experience basata sulla fisiologia più che sulle regolette del marketing – sia un italiano. E che uno squarcio così potente e innovativo sulla scienza che indaga il comportamento del nostro cervello venga non da qualche blasonata università statunitense, ma da una placida città come Parma (dive Rizzolatti dal 2002 è Direttore del Dipartimento di Neuroscienze).

Tortellini, prosciutto e genio

Ma forse una spiegazione c’è: gli italiani, anche i grandi scienziati italiani, prima di affidarsi alla potenza di calcolo di un computer, hanno ancora la vecchia abitudine di guardare negli occhi le persone. Ed è proprio dall’atto di guardare l’altro negli occhi che si scatenano i meccanismi neurologici che attivano i neuroni specchio. Tutto si tiene, insomma.

Quando Rizzolatti racconta come è nata la sua ricerca che ha portato poi alla rivoluzionaria scoperta, parte proprio dagli occhi. Su quello stava lavorando. «Inizialmente mi occupavo del sistema visivo. Per caso mi accorsi che c’era un’area del cervello che confinava con il sistema motorio e lì si trovavano delle risposte visive che apparentemente non dovevano esserci. Il punto è che, nel nostro mestiere, quando ti imbatti in ciò che sembra un’anomalia, prima di escluderla, devi provare a razionalizzarla. Cominciammo a sperimentare con un macaco, e l’idea fu di non condizionare la scimmia ma lasciarla libera. Quindi non trattarla come un essere che produce movimento, ma alla stregua di un’entità viva, le cui azioni sono esercitate in vista di uno scopo».

Cheffà il cervello?

Il macaco che ha aperto nuovi mondi a Rizzolatti e alla sua équipe di ricercatori è dunque trattato come prototipo dell’essere intelligente e in qualche modo socievole. «I test che conducemmo ci fecero scoprire una cosa apparentemente strana», continua il neuroscienziato: «Registrammo che un neurone motorio rispondeva agli stimoli visivi. Di solito si pensava che l’atto motorio fosse un semplice atto esecutivo. In realtà la questione apparve più sofisticata. Ci accorgemmo che la scimmia non compiva solo dei movimenti ma delle vere e proprie azioni. E questo era possibile perché, in qualche modo, era saltata la rigida e artificiale separazione tra area percettiva, cognitiva e motoria». Insomma, il cervello che agisce è anche il cervello che comprende. È una precomprensione che viene prima della costruzione dei concetti, ma è altrettanto importante per le capacità cognitive.

È un personaggio, il nostro scienziato, che mi incuriosisce, per la semplicità con cui riesce a ridurre e rendere comprensibili e “facili” concetti del tutto sconosciuti fino a due decenni fa. Non ci credete? Il consiglio che dò agli scettici, è perdere 5 minuti di tempo e guardarsi la videointervista rilasciata in occasione della passata edizione del Festival della Mente di Sarzana, dove Rizzolatti è stato ospite. Ne vale la pena: www.filosofia.rai.it/articoli/rizzolatti-i-neuroni-a-specchio/35735/default.aspx

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