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LASCIATE PERDERE PLATONE, SCEGLIETE LA MARACUJA!

Mattia Schieppati

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Dobbiamo acquistare un’auto, piuttosto che dal gelataio scegliere i tre gusti per una coppetta di gelato da due euro e ottanta? Meglio se ci «pensiamo un attimo su». Incombenze di business che ci attendono il lunedì mattina in ufficio? Da bravi scolaretti ci sentiamo con la coscienza a posto solo se, la domenica sera, ci ritagliamo un’oretta per ripassare carte e scartoffie, e «metterci la testa» prima di essere travolti dal ritmo frenetico della giornata lavorativa, quando «non c’è mai il tempo per «ragionarci a freddo».

Questa fissazione nel demandare alla cosiddetta parte razionale del nostro cervello la responsabilità di «decidere» è più forte di noi. Se tutto non passa dal filtro di questo giudice veniamo colti dal terrore, dall’ansia, sotto sotto sentiamo una vocina che ci sgrida per aver fatto un «colpo di testa» (appunto), o di vare fatto «una pazzia» ad acquistare quella cravatta costosissima «senza pensare» che a casa ne abbiamo già un centinaio, e soprattutto l’ultima volta che abbiamo indossato una cravatta era al matrimonio di nostro cugino, due anni fa…

Tranquilli, è tutto normale. Questa sudditanza psicologica alla razionalità è un fatto culturale vecchio di quasi 2500 anni, più o meno da quando tal Platone stabilì che l’uomo è un animale razionale, e che le emozioni non sono altro che quell’elemento dell’animale che siamo stati, e che interferiscono (negativamente, of course) sulla nostra capacità di decidere razionalmente.

Di fronte a Platone e alla vagonata di filosofia che dalla Grecia classica ci ha formato e plasmato fino a oggi, era difficile uscire da questa teoria senza essere presi per originali. Salvo che, con la crescita degli strumenti e delle nozioni maturate con le neuroscienze, anche quel genio di Platone deve un po’ rivedere le sue teorie.

Il rapporto tra sfera razionale e sfera emotiva della nostra persona è infatti un qualcosa di più sottile di quanto immaginava il filosofo.
Per tre motivi:

Primo, anche la decisione emozionale è operata dal cervello (e non, come si suol dire «dalla pancia»).

Secondo, e fondamentale: il nostro subconscio emotivo è in grado di prendere una decisione con una velocità infinitamente più rapida rispetto al subconscio razionale, perché riesce a processare di default un’enorme quantità di informazioni contemporaneamente mentre il flusso razionale è in grado di processare al massimo 3-4 informazioni alla volta (altrimenti, va in tilt). Questo perché il cervello si è abituato a valutare, soppesare e scegliere attraverso percorsi neurologici emotivi fin dall’origine della vita (qualche miliardo di anni fa), mentre la «razionalità» è una dottrina molto molto più giovane, ovvero da quando ci siamo accorti di essere uomini e abbiamo cominciato a fidarci di questo strumento chiamato «razionalità» (diciamo, pochi milioni di anni). Insomma, mentre la decisione emotiva la sappiamo prendere a occhi chiusi, per quella razionale dobbiamo esercitarci ancora per qualche miliardo di anni.

Terzo, cervello razionale e cervello emotivo non sono due entità separate, ma lavorano insieme. O, meglio, il vero decision maker è il cervello emotivo, il quale passa la decisione già presa al cervello razionale il quale, sapendo di dover fare i conti con noi (o, meglio, con la nostra cultura acquisita) si occupa di trovare una giustificazione razionale alla decisione già presa. Facendo sì che la scelta non ci sembri una follia, insomma, dandoci gli strumenti per sostenere la nostra decisione, ma sostanzialmente facendoci perdere un sacco di tempo.

Secondo il professor Gerald Zaltman della Harvard Business School, il quale ha approfondito questo tema attraverso percorsi empirici basati sulle neuroscienze, addirittura il 95% delle nostre decisioni quotidiane viene preso dal nostro io emotivo, e solo il 5% sono frutto dell’io razionale. Ed è arrivato all’assunto che le «decisioni emozionali» non sono per niente «irrazionali» (o addirittura «sbagliate»). Anche il cervello emotivo, infatti, valuta e decide secondo un percorso assolutamente logico e razionale, e riesce a farlo macinando milioni di bit di dati nel tempo in cui il nostro cervello razionale si lambicca davanti alla vetrinetta del gelataio fitta di gusti. Per poi ordinare sempre il solito «crema e cioccolato». Mica che se ordiniamo maracuja e aloe la gente ci pigli per matti…

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