Customer Minding

science in customer experience

THE BRAIN IS KING

Enrico Morandi

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Forse anche tu, come me, non apprezzi particolarmente l’inconcludenza di certi luoghi comuni e la superficialità di concetti buoni per eccitare fugacemente gli animi in una presentazione di marketing ma dalle basi teoriche molto labili.

Di solito, il loro limite risiede nell’incapacità di portarci avanti, di generare progresso: come un cerino, accendono un rapido interesse che, altrettanto rapidamente, si spegne, per essere prontamente sostituito da uno nuovo (e destinato alla medesima fine).

Sono pochi i veri progressi nel marketing. E molto datati.

La nostra memoria, proprio come un cerino, è breve. E viene ingannata dal cervello stesso che la genera, il quale adora andare in brodo di giuggiole per qualsiasi novità.

Ti faccio un esempio: il Direct Marketing, è probabilmente è la chiave più efficace per interpretare e governare il complesso mondo digitale odierno – il quale, in estrema sintesi, pretende di comunicare, coinvolgere e legare nel modo più rilevante possibile le persone a un prodotto o servizio. Eppure, è una metodologia quasi dimenticata, relegata a suon di scalpellate lessicali vendute come concetti innovativi. Puzzerà di antichità, eppure rileggere oggi manuali straordinari come ‘Successful Direct Marketing Methods’ di Bob Stone oppure “One-to-One” di Don Peppers e Martha Rogers consente di avere basi solide per padroneggiare il digitale moderno.

Dobbiamo interrompere la bulimica corsa alla proclamazione del king di turno sul trono del marketing – a seconda dei tempi, dei mutamenti sociali e sociologici e delle convenienze. In questi anni abbiamo visto una rotazione di monarchi pari a quella dei governi italiani: il prodotto, poi il media, il brand, poi il customer, e recentemente (addirittura) il contenuto…

In realtà, il cervello è l’unico Re.

Perché non ha subito grandi cambiamenti dal tempo di Cleopatra a oggi, e questo è un grande vantaggio! La sua struttura, le programmazioni di base, gli input acceso/spento che lo governano, il modo con cui computa il valore delle opzioni che ha di fronte, sono sempre quelli. Ciò ha permesso di comprenderne alcuni meccanismi, utili per spiegare fenomeni come gli influencer (il nostro cervello opera secondo la regola che ciò che è desiderato dagli altri ha probabilmente valore) ma anche per progettare efficaci strategie relazionali.

Mettere il cervello al centro della strategia di marketing è la più innovativa delle azioni.

Tu sei il tuo cervello. Io sono il mio. Eppure – e qui la cosa si fa molto interessante – i tuoi meccanismi di base sono identici ai miei e a quelli di tutti gli altri esseri umani. Se ci danno un pizzicotto, proviamo lo stesso dolore; se ci mettiamo un cubetto di ghiaccio sulla pelle, il mio e il tuo cervello producono la medesima sensazione di freddo; se proviamo paura, le risposte che i nostri due cervelli innescano sono speculari. Proprio su questa omogeneità la natura ha favorito la nostra evoluzione, consentendoci di inviare segnali a cervelli nostri simili attraverso il linguaggio, le espressioni e le azioni.

Capire come i nostri cervelli lavorano, quali segnali li accendono, come generare certe reazioni istintive è l’obiettivo (che anche noi, in MIND:IN ci siamo dati con il Customer Minding). Per evitare errori, come quello delle istruzioni di volo! È dimostrato che generano scarsa attenzione (ed efficacia) proprio perché incompatibili con il funzionamento del cervello e della mente: insistono sulla possibilità di un evento catastrofico anziché sulla gioia di raggiungere la meta.

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  1. Carmelo Cannizzaro 23 Maggio 2020

    Bellissime e interessanti parole. Una buona zattera per tentare di non essere travolti dalle rapidi di concetti “copia e incolla” di parolieri senza idee! Basterà solo una zattera? Ahimè penso proprio di sì… pochi saranno i naufraghi di questo autismo sociologico

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