Customer Minding

science in customer experience

LE NEUROSCIENZE SONO CREATIVE?

Mattia Schieppati

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Le nuove neuroscienze sono in grado di chiarire definitivamente i modi in cui il cervello dei mammiferi genera gli stati emotivi.

Per i neuroscienziati, la grande sfida è quella di comprendere – come sottolinea Jaak Panksepp in “Archeologia della mente. Origini neuroevolutive delle emozioni umane” (Raffaello Cortina Editore) – l’elaborazione che sensazioni, emozioni e affettività subiscono nel loro percorso attraverso le strutture più antiche del cervello, fino a pervenire alle loro forme più sofisticate nel neocervello. Questi «antichi territori neurali sono le fondamenta su cui è stata edificata la nostra mente ancestrale, ossia la nostra mente emotivo-istintuale, che» secondo Panksepp «condividiamo con altri animali».

Allora, calandoci nella realtà del marketing e dei messaggi di comunicazione di marca, penso si possa andare oltre la ‘scrittura creativa’ o lo ‘storytelling’. Bisogna aprire l’orizzonte a uno spazio capace di coinvolgere discipline capaci di spiegare sempre di più come risponde il nostro cervello alle sollecitazioni, nonché di chiarire i meccanismi percettivi del cervello, portandoci alla radice delle emozioni e della loro combinazione in una reazione razionale.

Le neuroscienze e l’applicazione alla comunicazione informativa e commerciale di strumenti nuovi come il neuroimaging funzionale (cioè l’analisi strumentale delle reazioni della corteccia cerebrale a determinati stimoli) o l’eye tracking.

Le emozioni sono potenti stati della mente che “governano” ciò che facciamo, ci aiutano a capire gli altri e chi siamo. Le neuroscienze, grazie alle spettacolari metodiche di brain imaging, hanno dimostrato che le antiche regioni cerebrali dei mammiferi contengono almeno  sette sistemi affettivi di base: ricerca, paura, collera, desiderio sessuale, cura (attaccamento), panico (sofferenza, tristezza), gioco.  Questi sistemi indicano specifici circuiti cerebrali formati da regioni antiche del cervello  .

È poi necessario cominciare a mettere a sistema tutti i dati e le informazioni che questi nuovi strumenti di brain searching ci mettono a disposizione. A questi due ambiti, comunicazione e neuroscienze, perché scatti il meccanismo del customer minding serve un’elemento in più, fondamentale, quello dell’ analisi matematica. Disciplina che consente di mettere a sistema gli smart data che emergono dallo screening neurologico.

La quantità dei messaggi, e la potenza garantita dagli strumenti oggi a disposizione per veicolarli (i sistemi di programmatic advertising, per esempio) ha spinto in secondo piano il valore qualitativo della comunicazione. Si spara a pallettoni, e nel mucchio, perché più semplice forse di imparare a prendere al mira, fiutare il vento, scegliere quello che vuoi dire e a chi. Per chi fa comunicazione questa è una sconfitta.

La scelta di combinare discipline prettamente scientifiche nel processo creativo e di comunicazione del customer minding può sembrare un’alchimia fredda, una razionalizzazione assoluta della comunicazione. E invece è proprio il contrario: è il desiderio di tornare a trovare in ogni parola, suono, colore, immagine, vibrazione, gestione dello spazio e del tempo la sua radice più umana, quel mix di razionalità e dna animale che ci ha portato in decine di millenni di evoluzione, a essere quello che siamo, pensiamo, percepiamo. Dopo l’ubriacatura di messaggi e di device, l’aspetto stimolante di questa sfida sta nel ritornare ai principi della comunicazione. Perché qualcosa, intorno a noi, è cambiato.

Sia le neuroscienze che l’analisi e lo sviluppo di modelli matematici sono “neutri”, non seguono l’influsso di mode o eventi emozionali come accade nella comunicazione. Questa neutralità consente a entrambe queste discipline di restituire quindi un dato oggettivo su cui costruire una nuova comunicazione. Ma, soprattutto, sono scienze in costante evoluzione, e dove le innovazioni nascono a livello globale. Gli smart data sono ora gestiti principalmente con fini commerciali. Il customer minding vuole invece entrare nei numeri e, attraverso l’analisi neuroscientifica, restituire le sfumature a livello di behaviour, di comportamento.

Questo consente anche alla comunicazione di uscire dai vincoli del contesto (territoriale, sociale, di target) per aprirsi a una costruzione “vergine”, interessata direttamente alla reazione neuronale del soggetto cui ci rivolgiamo. Entrare in questa logica e strutturare percorsi di comunicazione che “prescindano” da condizionamenti significa aprirsi un potenziale uditorio globale, e portare i propri partner (commerciali, o di pensiero) direttamente sulla nuova frontiera del coinvolgimento con i propri clienti.

MINDIN / Neuroscience in customer experience – ©2017

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